INDAGINI CHIMICO-FISCHE E MULTISPETTRALI PER IL RESTAURO E LA MUSEALIZZAZIONE
STORIA
In occasione dell’allargamento degli argini del fiume Tevere, presso il giardino della Villa della Farnesina a Roma furono scoperti nel 1879 i ruderi di una nobile casa privata di età augustea, decorata con dipinti murali, stucchi e mosaici di rara bellezza. Nello stesso anno, per salvaguardarli dalle ripetute inondazioni del fiume, i dipinti furono staccati dalle loro sedi e sistemati presso l’Orto Botanico in via della Lungara, posizionati su supporti di gesso. Nel 1883 furono trasferiti presso il Museo Nazionale Romano nella Certosa nelle Terme di Diocleziano, e negli anni 1948-50 l’Istituto Centrale per il Restauro progettò ed eseguì la sostituzione dei sostegni ottocenteschi con nuovi supporti tessili, preparati con strati di caseina e tenuti in tensione mediante telai di legno. Nel 1987 anche questi supporti furono rimossi a causa della perdita di coesione della caseina, e sostituiti da elementi con struttura a nido d’ape di alluminio e vetroresina.
INTERVENTO
Il programma di indagini definito ed eseguito da Gruppo Pouchain nel 1998 sulle pareti dipinte della Villa della Farnesina è stato il primo a fornire informazioni sia sullo stato di conservazione dei dipinti dopo tante vicissitudini, che sulle tecniche pittoriche utilizzate per la loro realizzazione: a complemento di un preliminare esame visivo sulle pareti (scelte tra le più rappresentative e ricche del complesso) e di una accurata analisi storico-stilistica, sono state utilizzate tecniche multispettrali non distruttive e condotte indagini chimico-fisiche su campioni appositamente prelevati, per caratterizzare i diversi strati costituenti la superficie dipinta. Gli strati preparatori ed il supporto murario residuo presentano lacune, fessurazioni, microlacune e decoesioni, localizzate maggiormente in prossimità ed in corrispondenza dei bordi.
I risultati ottenuti con le riprese fotografiche in infrarosso/colore e della fluorescenza UV, la riflettografica multibanda e le radiografie hanno permesso la realizzazione di mappe tematiche, tra cui quella dei pigmenti impiegati (localmente verificati anche mediante analisi puntuali chimico-fisiche): è stata rilevata una tavolozza di colori discretamente ricca, con l’impiego di verde a base di rame, di pigmenti rossi a base di ossido di ferro, di nero vegetale, di oltremare naturale e artificiale, di azzurrite e/o blu egiziano, di azzurro a base rameosa, ocra gialla, e su aree limitate e circoscritte, di lacche rosse. La superficie dipinta conserva la tavolozza originaria, ma si osservano anche integrazioni pittoriche eseguite in tempi successivi, in particolare su gran parte dei contorni degli elementi dei dipinti, su cui sono presenti rinforzi e relative ridefinizioni. Su alcune aree sono emerse tracce di stesure sottostanti, di sovrapposizioni di campiture pittoriche, di un esiguo numero di variazioni in corso d’opera e tracce di un disegno preparatorio fatto con nero vegetale e rinforzato a pennello .