Colosseo

Cliente: Gruppo Pouchain
Città: Roma
Paese: Italia
Provincia: RM

PROGETTO PILOTA DEL RESTUARO CONSERVATIVO DI UN PILASTRO

L’intervento di restauro, eseguito su aree campione dell’ Anfiteatro Flavio (Colosseo) è preceduto e seguito da indagini chimico-fisiche per l’ottimizzazione del rapporto costi-benefici. Questa esperienza è stata oggetto di pubblicazione nel 2° volume del Cofanetto (Edito da Gruppo Pouchain) comprendente: 1° volume “Il progetto diagnostico”; 2° volume “Esempio dell’Anfiteatro Flavio”, 3° volume “Il cantiere”

L’obiettivo di questo cantiere è stato l’esecuzione di un piano di prove di trattamenti di pulitura, consolidamento e protezione, eseguiti su piccole aree campione con differenti metodologie. Le grandi dimensioni del monumento e le complesse ed articolate situazioni di degrado riscontrate hanno reso necessario l’approntamento di un cantiere preliminare, che affrontasse l’intero ciclo degli interventi previsti su aree di limitate dimensioni.
L’esame del paramento lapideo originario, costituito da blocchi di travertino, ha permesso di osservare depositi superficiali incoerenti di particellato atmosferico e strati più compatti e continui di materiale terroso, che raggiungevano, in zone di maggior accumulo (cavità, fori, fessurazioni), uno spessore di diversi millimetri.
Al di sotto il materiale lapideo si presentava ricoperto da uno strato uniforme di crosta nera molto aderente al supporto, e compromesso dal punto di vista strutturale per la mancanza di parti di esso. Infiltrazioni d’acqua piovana avevano causato la formazione di striature longitudinali ed efflorescenze saline, e scolature di malta di colore grigio, a composizione cementizia, ricoprivano pa rti circoscritte delle superfici sulle quali si notava anche la presenza di alcuni elementi metallici fortemente ossidati.
Considerando globalmente i risultati ottenuti con le diverse tecniche analitiche impiegate, è possibile affermare che l’alterazione del travertino è correlabile soprattutto all’inquinamento dell’aria: il deposito incoerente e la crosta nera sono infatti molto ricchi di gesso, dovuto alla solfatazione del travertino, e di particellato carbonioso, entrambi tipici degli ambienti urbani. Quanto agli altri sali solubili, soprattutto cloruri e nitrati, è difficile al momento ipotizzarne l’origine, ma certo l’azione degli ossidi di azoto per la formazione dei nitrati non è affatto da escludere. Lo strato alterato ha uno spessore variabile ma può essere valutato mediamente intorno ad ¼ di millimetro, sotto al quale il travertino appare in buono stato di conservazione.
Il controllo incrociato tra quanto riscontrato sulle aree campione realizzate direttamente sul monumento e le simulazioni ottenute con l’invecchiamento artificiale in laboratorio di provini, consentei operare uno “screening” vero e proprio dei materiali impiegabili, operando alla fine la selezione con prove tangibili e verificate: i risultati analitici hanno permesso di individuare nella pulitura, nella stuccatura e nella protezione finale con un prodotto ad azione idrorepellente, gli interventi conservativi più opportuni per il travertino. Dato lo stato di solfatazione delle superfici, ed allo stesso tempo, la buona compattezza della pietra sotto la crosta nera, si può ritenere che la pulitura con acqua nebulizzata, deionizzata e fatta ricircolare su resina a scambio ionico (HCO3), sia adatta allo scopo.